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Replying to Maleficent - Don't believe the fairy tale

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  1. Posted 20/6/2014, 22:58
    E’ ormai abitudine ciò che la Disney, specie quella “vera” dei tempi di zio Walt, fa con le fiabe classiche: le reinterpreta, per renderle più spensierate e adatte al pubblico infantile moderno, e ne trae lungometraggi animati, quasi tutti capolavori, musicati ed illustrati ad arte. Lo stesso destino ha avuto, nel 1959, la fiaba “La bella addormentata” del francese Perrault, da cui viene tratta la pellicola “La bella addormentata nel bosco”, che rappresentò, per la critica (e sottolineo, solo per la critica), il primo vero e proprio fiasco dello studio d’animazione americano. Nonostante la qualità dell’opera non sia più bassa delle altre (anzi, si tratta della prima fiaba Disney ad essere realizzata in ultra widescreen, tecnica riutilizzata solo l’anno scorso con Frozen) gli incassi sono, inizialmente, terribilmente bassi, e Walt cessa la reinterpretazione di fiabe, destinata a riprendere solo dopo la sua morte, con “La Sirenetta”.

    Ed è forse un po’ per ripicca di quel fallimento iniziale, ma soprattutto per il desiderio di reinterpretare la storia e di approfondire l’intricatissimo personaggio di Malefica, presente in tantissime opere esterne, ma a cui è dato troppo poco spazio nel lungometraggio originale, che la Disney ci riprova, 55 anni dopo, con un kolossal cinematografico alla regia dell’emergente Stromberg: il 28 maggio di quest’anno arriva nelle sale tricolori Maleficent.

    Maleficent-(2014)-149

    Il film, nel quale cast spiccano nomi come Angelina Jolie (che suppongo non necessiti di presentazioni, nel ruolo di Malefica), Elle Fanning (sorella della più nota Dakota Fanning, nel ruolo di Aurora) e Imelda Staunton (nota per aver interpretato Dolores Umbridge nella saga di Harry Potter, qui nel ruolo della fata Giuggiola), non traspone fedelmente le vicende della versione animata, ma ribalta totalmente la vicenda, rendendo il personaggio “buono” della storia proprio la fata Malefica e ponendo come rivale il re Stefano (Interpretato da Sharlto Copley), padre di Aurora.

    Nella prima parte della pellicola vengono presentate vicende che fanno da prologo alla storia Disney: parallelamente al regno di cui Stefano in seguito diventerà re esiste un reame sconfinato, la Brughiera, non governato da nessuno e totalmente popolato da creature magiche, in cui gli uomini erano restii ad addentrarsi: ed è sicuramente in queste scene che l’effetto 3D e le animazioni (a mio parere, delle migliori degli ultimi anni) raggiungono il loro massimo splendore. Nella Brughiera risiede una fata, Malefica, dall’aspetto umano e più potente delle altre fate, che però di malefico non ha altro che il nome (e un paio d’ali da drago e di corna al centro della testa, ma vediamo di non farci caso). Un giorno, un giovane umano osa avventurarsi in quel reame e rubare una gemma, cosa che alle creature del posto non va per niente a genio: interviene Malefica, che costringe il ragazzo a rimetterla a posto e lo riaccompagna nel suo regno: si tratta del giovane Stefano, e tra lui e la fata scoppia la scintilla. La coppia si rincontra varie volte e i due crescono, tanto che un giorno Stefano fa dono alla fata del “bacio del vero amore” (vi ricorda qualcosa?). Gli anni passano, e Stefano si allontana da Malefica diventando sempre più interno alle vicende reali del regno limitrofo. Un giorno, proprio il loro esercito assalta la Brughiera, e Malefica, ormai adulta, interviene e sventa ogni tentativo d’assalto, ferendo gravemente il re. In punto di morte, il sovrano dichiara che la corona sarebbe stata ereditata da chi avrebbe ucciso la fata, per vendicarlo. Stefano ne approfitta e, fingendo di tornare a trovare Malefica, passa del tempo assieme a lei: quando quella si addormenta lui prova ad ammazzarla, ma preso dai sensi di colpa non riesce ad ucciderla e si limita a tagliarle le ali, da portare al re in segno di vittoria.

    La mattina seguente Malefica si risveglia sola e senza ali, ferita pesantemente sia nel corpo che nello spirito. E’ quel trauma che modifica radicalmente il suo modo di essere: diventa malvagia (malefica, appunto), la Brughiera marcisce assieme al suo cuore; trasforma un corvo in umano (Fosco, interpretato da Sam Riley) e gli affida il compito di “diventare le sue ali”, inviandolo a spiare, di tanto in tanto, il regno in cerca di notizie. Stefano, tornato al castello col suo “trofeo”, viene incoronato re, e col tempo dimentica i sensi di colpa per il torto fatto alla fata, finché non arriva il giorno del battesimo della sua unica figlia, Aurora. In quell’occasione tre fate, Fiorina, Giuggiola e Verdelia (uno dei punti che ho apprezzato di meno nel film è proprio la modifica dei nomi delle fate, originariamente Flora, Fauna e Serenella, a mio parere immotivata) giungono a palazzo per donare incantesimi alla piccola: le prime due le fanno dono di grazia e bellezza, ma prima che la terza possa fare il suo dono irrompe nella sala Malefica, fingendo di essere offesa per non aver ricevuto un invito. Ed è qui che le vicende si ricollegano a quelle della fiaba Disney: la fata lancia contro la bambina un terribile sortilegio, secondo il quale prima che il sole sarebbe tramontato sul suo sedicesimo compleanno la giovane si sarebbe punta un dito col fuso di un arcolaio, cadendo in un sonno simile alla morte dal quale non avrebbe potuto mai più risvegliarsi. Re Stefano la implora di non farlo, inginocchiandosi dinnanzi a lei, e Malefica modifica il suo maleficio, dichiarando che Aurora si sarebbe svegliata solo ricevendo il “bacio del vero amore” (rieccolo: tenetelo ben presente). Il motivo per il quale la strega accetta di modificare questa condizione è semplice: in base alle sue esperienze con re Stefano, è convinta che il vero amore non esista.

    Per scampare alle maledizioni, la piccola viene mandata a vivere in una casetta nel bosco assieme alle tre fate buone, mentre tutti gli arcolai del reame vengono raccolti, bruciati e custoditi nelle segrete più profonde del castello. Le tutrici sono una più maldestra dell’altra, e la bambina cresce praticamente da sola, salvata più volte da sventure varie grazie all’intervento di Malefica, che cerca di salvarle la vita per farla arrivare a compiere viva quanto previsto. A cinque anni Aurora, lasciata incustodita dalle fate, arriva ad incontrare Malefica, ed anziché esserne spaventata la abbraccia e chiede di essere presa in braccio. Intenerita la fata accetta, e, con grande ribrezzo, prende la piccola per qualche secondo, per poi rispedirla a casa; è forse in quel momento che comincia a provare simpatia per la piccola, che chiama “bestiolina” prima come insulto, poi con affetto (aneddoto sulla suddetta scena: l’attrice che interpreta Aurora a cinque anni è Vivienne Jolie-Pitt, la figlia di Angelina e Brad Pitt, e i produttori sono stati costretti a sceglierla, essendo l’unica bambina che non si spaventava alla vista della Jolie truccata e vestita da Malefica). Quando la ragazzina raggiunge i quindici anni, essa e Malefica si rincontrano, ma stavolta lei è cosciente e riconosce la fata, identificandola come la sua “fata madrina”, avendo vissuto con la sua presenza costante alle spalle. Malefica comincia a legare sul serio con Aurora, ignara del sortilegio, e a sentirsi sul serio la sua fata madrina, tanto che comincia a portarla, di tanto in tanto, nella Brughiera, a giocare con le creature magiche che la popolano. Un giorno la fata prova ad annullare il suo sortilegio, ma non riesce, in quanto era troppo forte per essere sciolto persino da chi l’aveva scagliato.

    Intanto, Aurora incontra un giovane principe, Filippo, diretto al castello di re Stefano: i due sembrano piacersi, e anche se il loro incontro è breve, promettono di rincontrarsi. Il giorno prima del sedicesimo compleanno le fate protettrici della ragazza si fanno scappare davanti a lei informazioni sulla sua vera identità, e si ritrovano costrette a raccontarle tutta la storia. Scappata di casa, scopre che era proprio Malefica, la sua “fata madrina”, colei che l’aveva maledetta, e si incammina verso il castello del re. Re Stefano, intanto, era impazzito, e il suo unico pensiero era quello di uccidere Malefica, al punto che trascorreva ore chiuso in una stanza a dialogare con una teca con le ali della fata esposte all’interno. Quando Aurora giunge al castello, non essendo ancora concluso il suo sedicesimo compleanno, viene chiusa in una sala, dalla quale riesce a fuggire e a giungere nelle segrete, dove trova un arcolaio di quelli rinchiusi dal re e ci si punge, cadendo nel sonno tanto temuto. Intanto Malefica e Fosco trovano il giovane Filippo e lo portano al castello, nella speranza che sia davvero lui il “vero amore” capace di annullare il sortilegio. Il ragazzo bacia la giovane, ma non riesce a risvegliarla. La stessa Malefica, così, entra furtivamente nel castello e si ritrova accanto alla piccola, che ormai amava come una figlia. La bacia sulla fronte per darle un ultimo saluto, e la ragazza si desta dal maleficio (in effetti, esiste amore più vero di quello materno?). La giovane, la fata e Fosco trasformato in drago affrontano Stefano e i suoi uomini, e Aurora, trovando in una stanza la teca con le ali di Malefica, la apre, e quelle percepiscono la presenza della proprietaria e tornano da lei, permettendole di affrontare il re e di sconfiggerlo.

    Il re muore e il trono viene ereditato da Aurora, che viene poi incoronata da Malefica principessa della Brughiera: così facendo, i due regni vengono unificati sotto il suo governo, Malefica torna a non avere null’altro di malefico che il nome e la Brughiera ritorna ciò che era un tempo, regalando alla storia il finale più lieto che si potesse prospettare.

    Viene spontaneo porsi una domanda: la Disney è riuscita nella sua mastodontica impresa?

    Andiamo con ordine. Partiamo dall’aspetto più evidente: il comparto visivo. Le animazioni sono quasi perfette, e raggiungono la massima qualità nelle scene ambientate nella Brughiera, dove anche l’effetto 3D (elemento non rilevante, ma comunque gradevole) dà mostra del suo massimo splendore. Discrete anche nella scena dello scontro finale tra Fosco-drago, Malefica e Stefano, anche se meno spettacolari. Per quanto riguarda i personaggi, sono quasi tutti repliche perfette di quelli del lungometraggio originale: un plauso particolare va fatto al make-up di Malefica, realizzato perfettamente. Il personaggio di Aurora è ben diverso da quello Disney, ma più coerente ai fini della trama: nel cartone la ragazza sembrava avere 18/19 anni, mentre nel film dimostra effettivamente sedici anni. (l’età effettiva dell’attrice, tra l’altro). Per quanto riguarda la fotografia nulla da dire, stessa cosa la regia: riguardo quest’ultima, gira voce che, all’inizio, la direzione della pellicola fosse stata affidata a Tim Burton (il mio regista preferito, tra l’altro), che poi avrebbe rinunciato al progetto. Un vero peccato, perché per una versione tendente al dark (perché sia le ambientazioni che la trama, nonostante questa abbia un lieto fine, sono tendenti al dark) non ci sarebbe stato miglior regista che lui; anche se Stromberg ha svolto un lavoro più che eccellente, impossibile criticarlo in alcun modo. La musica, opera di James Newton Howard, è ugualmente degna, capace di accompagnare il film nel migliore dei modi: particolarmente apprezzata l’idea di inserire, in sottofondo ai titoli di coda, il tema del lungometraggio originale di Walt Disney, che suona sempre come un concentrato di nostalgia… Eh sì, non ci sono più i cartoni di una volta.

    Ma senza fare i nostalgici, torniamo alla domanda: è una degna reinterpretazione, questa?

    La risposta è senza subbio sì, è il remake migliore che un film magnifico come “La bella addormentata nel bosco” potesse avere. E questo è dovuto probabilmente al fatto che Maleficent, a differenza dei tre quarti dei film moderni, ha ciò che ultimamente manca anche alle fiabe: una morale. Morale parecchio realista e poco sognatrice, ma senza dubbio valida: la storia della fata Malefica e di Aurora è volta ad insegnarci che l’amore tra un uomo ed una donna, per quanto possa essere profondo, non supererà mai quello che solo una madre può provare nei confronti del proprio figlio (o della propria bestiolina), dell’essere che ha cresciuto ed amato per tutta la vita.

    E per citare Fosco: “Non c’è amore più vero”.

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